Dopo aver animatamente discusso de La storia di Elsa Morante nel primo appuntamento dell’anno del bookclub di Senza rossetto da Verso libri a Milano (se volete partecipare al prossimo incontro, unitevi al nostro gruppo su Telegram, dove diamo tutti gli aggiornamenti), cambiamo decisamente argomento con questa newsletter.
L’idea di questa intervista ci è venuta guardando Unica, l’intervista fiume che Ilary Blasi ha realizzato con Netflix, ormai qualche mese fa (potete far finta di non averla vista, ma non vi crederemo). A un certo punto del racconto, la conduttrice spiega come abbia utilizzato degli investigatori privati per seguire l’ormai ex marito Francesco Totti, in modo da ottenere una prova del suo presunto tradimento. Il colpo di scena, però, è che il pedinamento fallisce miseramente: il detective viene scoperto dalla scorta dell’uomo e l’operazione viene sospesa.
La fine di un matrimonio con conseguenti indagini e accuse in vista della separazione, come avvenuto tra Totti e Blasi, è una delle situazioni più ricorrenti nella vita di un investigatore privato, come ci racconta la nostra ospite Caterina Malavolti che di mestiere fa proprio questo. Titolare di un’agenzia di Modena, Caterina ci ha raccontato in cosa consiste il suo lavoro e in che modo l’essere una giovane donna venga percepito in un ambiente ancora prettamente maschile.
Che vi sentiate più Jessica Fletcher e Miss Marple, o Veronica Mars e Jessica Jones, oggi vi raccontiamo in cosa consiste il lavoro di un’investigatrice privata.
Buona lettura!
Angela Lansbury nei panni di Jessica Fletcher, protagonista della serie tv La signora in giallo
Tra il vedere e il non essere visti
Intervista a Caterina Malavolti, investigatrice privata
«Ho sempre avuto un ottimo intuito e da piccola mi piacevano i romanzi di Agatha Christie, ma il mio lavoro è molto meno avventuroso di quanto appaia in televisione o al cinema», ci racconta Caterina Malavolti, investigatrice privata e amministratrice delegata dell’agenzia Sheridan Srl di Modena.
Quando le abbiamo chiesto di incontrarci per raccontarci il suo lavoro, la prima cosa che le abbiamo chiesto è se fosse quello che aveva sempre sognato di fare. «Ovviamente, c’è una dose di complesso di Elettra: fin da bambina ho visto mio padre fare questo lavoro e volevo emularlo, ma lui mi ha sempre suggerito di puntare a qualcosa di completamente diverso.»
Dopo un breve e fisiologico periodo a sognare di fare l’architetta e l’astronauta, Caterina si iscrive a Giurisprudenza, con l’obiettivo di lavorare in ambito internazionale. Già durante l’università, però, inizia a lavorare con il padre, soprattutto per affiancarlo nelle pratiche internazionali grazie alle sue competenze linguistiche. «Ho fatto anche l’esame di Stato da avvocata, ma non ho mai esercitato perché dopo la pandemia la direzione dell’agenzia è passata a me», racconta.
Come capita spesso per chi poi si lancia nel settore investigativo, il padre di Caterina proviene dal mondo delle forze dell’ordine: ex-ufficiale dei paracadutisti in congedo, a fine anni Settanta decide di rilevare la licenza di due carabinieri che si occupavano di informazioni commerciali, per valutare l’affidabilità creditizia delle aziende. «Pian piano, quindi da una dimensione molto cinematografica con la porta fumée e i piedi sulla scrivania aspettando i clienti, mio padre ha creato un vero business. Lavoriamo per le aziende e per i privati; ci siamo anche lanciati nel settore assicurativo, indagando per i reparti antifrode delle assicurazioni. Le frodi assicurative adesso vanno per la maggiore.»
E poi c’è il settore privato, che è la parte più divertente: tradimenti, catfishing, frodi amorose. «Le corna sono come un filo di perle, stanno bene su tutto», scherza Caterina, «Spesso i clienti privati arrivano con delle richieste assurde, ma il nostro è un lavoro molto codificato, con tanti paletti e un codice deontologico ben preciso», soprattutto da quando è entrata in vigore la Legge sulla Privacy e il Decreto Ministeriale 269 che ha professionalizzato la categoria, rendendo obbligatoria una laurea per chiunque voglia dedicarsi alle investigazioni private. Per esempio, in ambito amoroso, un investigatore privato può raccogliere informazioni su una persona senza il suo consenso solo se il suo cliente esercita un qualche diritto previsto dalla legge e queste prove possono essere citate in giudizio. «Posso investigare su un marito fedifrago, perché il matrimonio prevede ancora l’obbligo di fedeltà, ma non posso soddisfare la curiosità di una fidanzata gelosa», ci spiega.
Ciò che Caterina ama del suo lavoro è che ogni giorno è diverso: a volte le può capitare di fare attività sul campo, indagare in prima persona, incontrare i clienti. Ma c’è anche molto lavoro di gestione e coordinamento degli agenti che lavorano per lei: «Quotidianamente devo istruire gli operativi dandogli le informazioni che già possediamo sul soggetto indagato e specificando quello che vogliamo raccogliere in termini di prove.» E poi c’è tutta l’attività di ricerca nelle banche dati, più quella di analisi e reportistica di quanto raccolto. «Ogni tanto la quotidianità viene interrotta da un caso curioso. Tipo quello che era pronto a partire per la Thailandia lasciando moglie e figli per raggiungere la fidanzata, e poi abbiamo scoperto che era un ragazzino nigeriano che lo stava truffando.»
Se c’è qualcosa in cui il lavoro di investigatore privato aderisce allo stereotipo è che è un settore a predominanza maschile. Un gap che si nota soprattutto ai convegni di categoria, anche a livello internazionale, nonostante qualcosa stia cambiando: «Siamo ancora molto poche, ma ogni volta un po’ di più e abbiamo iniziato a fare rete. Abbiamo anche esempi importanti di colleghe illustri, per esempio Laura Giuliani, che è stata la prima presidente donna della Federpol (l’associazione di categoria per i Professionisti dell'Investigazione, dell'Informazione Commerciale e della Sicurezza, ndr).»
Non mancano ovviamente gli stereotipi, le battute fuori luogo e la meraviglia di fronte a una ragazza giovane a capo di un’agenzia di investigazione: pregiudizi di cui si è investite sia da parte dei clienti che da parte dei colleghi, in un settore fortemente militarizzato (perché come dicevamo all’inizio molti professionisti del campo provengono dal mondo delle forze dell’ordine). Per Caterina si è aggiunta anche la fatica di sostituire l’ingombrante figura del padre: «Lui è stato molto presente, quindi per me il passaggio di consegne è stato meno traumatico che per altri colleghi, ma all’inizio mi pesava il fatto di essere considerata la figlia di. Quando ho capito che non sarò mai mio padre, ma posso essere qualcosa di diverso, anche qualcosa di meglio, le cose hanno cominciato a migliorare e ho trovato il mio spazio.»
Quello dell’investigatore è un lavoro in cui i clienti si aspettano che tu sia reperibile 24 ore su 24, sempre al telefono, e questo può essere complicato da conciliare con il lavoro di cura che ricade sulle donne nella nostra società. E poi c’è una questione di sicurezza: è un lavoro che ti espone a diversi pericoli, e le donne possono essere dei soggetti più vulnerabili in molte situazioni. Ma in alcuni casi il genere può essere anche un vantaggio: «Noi per cultura siamo più predisposte all’ascolto, è un’arma quando devi parlare con un cliente che si rivolge a te per questioni private delicate» ci dice Caterina, «A volte il nostro lavoro è quello di consulenti sulla fine di relazioni amorose».
Se invece le chiediamo di provare a fare un bilancio a spanne su quanti uomini e quante donne si rivolgano alla professionalità degli investigatori privati, Caterina non ha dubbi: sono soprattutto uomini. «In ambito privato, secondo me, dipende molto dal potere d’acquisto: si stima che nel nostro paese circa il 31% della popolazione femminile non abbia un conto corrente personale, questo ovviamente ti impedisce di pagare le prestazioni di un investigatore senza essere scoperta. In ambito aziendale, ovviamente i ruoli apicali sono più spesso ricoperti da uomini, e sono loro a interpellarci».
Quando per salutarci chiediamo a Caterina di dirci qual è la lezione più importante che ha imparato in dieci anni che fa questo lavoro, che valga come consiglio per chi volesse avvicinarsi a questa professione ci dice: «La cosa più importante è imparare a leggere la persona che hai davanti, e anche le sfumature del singolo caso. Quelle purtroppo non te le spiega nessun codice deontologico. E per il lavoro sul campo, ricordarsi sempre che il nostro successo si gioca su un filo sottile tra il vedere e il non essere visti. Ce lo insegna anche Unica, il documentario di Ilary Blasi, no?».
Caterina Malavolti, investigatrice privata titolare di licenza e amministratrice delegata di Sheridan Srl, agenzia investigativa con sede a Modena. Si occupa di indagini in ambito privato, aziendale e assicurativo. È laureata in Giurisprudenza presso l’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna e abilitata all’esercizio della professione forense. È delegata provinciale per Modena di Federpol (Federazione Italiana degli Istituti Privati per le investigazioni, informazioni e sicurezza), membro W.A.D (World Association of Detectives) e IASIU (International Association of Special Investigation Units).
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