Si potrebbe quasi dire, anche per lei, che non l’hanno vista arrivare. Perché, inizialmente, Annie Ernaux è stata pressoché ignorata nel nostro Paese.
Quando in Francia Gli Anni diventa un caso editoriale, Rizzoli pubblica in italiano alcuni dei libri della scrittrice francese: «Non i più belli, non i più importanti e nemmeno quelli accomunati da una stessa linea tematica», ci racconta Lorenzo Flabbi de L’Orma Editore.
Una scelta che, però, fa la fortuna della piccola casa editrice romana: mentre Golia se ne disinteressa, Davide acquisisce i diritti dei suoi libri più noti (Gli Anni, appunto, e Il Posto). E da lì, il rapporto non si è più interrotto. Insieme al lavoro sui testi, infatti, con l’autrice è nata una collaborazione che continua ancora oggi, all’indomani della sua vittoria del Nobel per la Letteratura 2022.
Come avrete capito, oggi parliamo di Annie Ernaux (a cui è dedicato anche il primo appuntamento del 2023 del nostro bookclub da Verso Libri a Milano!). E lo facciamo insieme a Lorenzo Flabbi, suo editore e traduttore italiano.
Buona lettura!
Un frame dal documentario “Annie Ernaux - I miei anni Super 8”, realizzato dalla scrittrice insieme al figlio, David Ernaux-Briot
«Sono andata bene?»
Intervista a Lorenzo Flabbi, editore e traduttore
Ti ricordi come e quando hai scoperto per la prima volta l’opera di Annie Ernaux?
Io ho vissuto in Francia a lungo, e come succede con alcuni autori classici non sai più dire quando li hai conosciuti. Quand’è che hai conosciuto Gadda o Calvino? Per Ernaux è stato un po’ così, a un certo punto io vivevo con la mia compagna che era francese, avevamo libri suoi e miei insieme: i suoi tutti bianchi come sono i libri francesi, i miei più colorati e più vari come sono quelli italiani. Lì dentro c’era sicuramente Ernaux e mi ricordo che il primo libro che ho letto è stato Il posto. Non mi ero assolutamente posto il problema se fosse stato tradotto in italiano, anche perché la mia vita a quei tempi era in Francia, stavo facendo il dottorato e poi ho iniziato a insegnare in università. Quando poi uscì Gli anni nel 2008, io mi ero spostato da Parigi a Limoges, e quello era un libro che un po’ tutti nell’ambiente avevano letto e di cui si parlava tanto, era un libro-evento, e ovviamente l’ho letto anche io. Tre anni dopo a Berlino io e Marco Federici Solari abbiamo deciso di iniziare l’avventura de L’orma, ci siamo messi a buttare giù una prima lista di libri per la casa editrice e ci ha molto stupito scoprire che né Il posto né Gli anni di Ernaux erano stati pubblicati in italiano. In quell’occasione abbiamo benedetto il fatto che le maglie del sistema editoriale a volte si allargano e si lasciano scappare dei pesci, anche quelli grossi. Di Ernaux in Italia aveva pubblicato qualcosa Rizzoli, ma ci ha altrettanto sorpreso la scelta dei titoli, ci sembrava un po’ sconclusionata: non i più belli, non i più importanti e nemmeno quelli accomunati da una stessa linea tematica. Abbiamo quindi iniziato il processo per acquisire i diritti de Il posto e de Gli anni con Gallimard, tutto senza aver mai pubblicato un titolo e senza avere nessuno alle spalle, ma ce l’abbiamo fatta.
Secondo te perché Ernaux non aveva avuto successo prima in Italia?
È difficile dire perché Ernaux non avesse avuto successo in Italia, non voglio fare la figura di quello che è arrivato dopo e a cui è andata bene, ma alcune idee le ho. Mi sembra che Rizzoli avesse trattato Ernaux senza riconoscerne il valore letterario e relegandola a una specifica letteratura femminile per lettrici donne, una letteratura che ha avuto anche un suo peso editoriale, per carità. Una letteratura che si basa sull’idea che alle donne piacciano le testimonianze di vita, con le copertine un po’ svenevoli da edicola. Poi si parlava di Ernaux come di “una di noi”, un’insegnante senza particolari meriti stilistici… La mia impressione è che chi cercava un libro di letteratura non sceglieva Ernaux per quella veste grafica, quelle quarte di copertina e anche per quella traduzione; chi invece cercava una letteratura più d’intrattenimento e più del dolore, invece, restava deluso perché Ernaux è un’autrice con una visione tutt’altro che reazionaria. Quindi Ernaux non è riuscita a intercettare il suo pubblico perché l’editore l’aveva indirizzata verso un pubblico completamente sbagliato. E poi c’è il tema della traduzione: la materia linguistica di Ernaux secondo me è preziosissima, io provo a renderle onore e mi rendo benissimo conto che a una lettura non attenta, un po’ veloce e magari pregiudiziale la sua grandezza può sfuggire. Lei è un’immensa scrittrice a cui però la bellezza non interessa. A lei interessa l’esattezza, che volendo vedere è molto più difficile da raggiungere perché è meno soggettiva. Chi nello stile letterario cerca le volute proustiane, le ampie frasi, la ridondanza estetica non trova niente di tutto questo in Ernaux; lei è secca, la scrittura è piatta, a volte sembra che butti via le emozioni, che sia quasi sciatta… e infatti all’inizio è stata affidata a traduttrici che non sono tali. Noi abbiamo fatto un lavoro di cura editoriale, di cura della traduzione e anche direi di cura della persona: abbiamo fatto venire Ernaux tante volte in Italia, si è instaurato un rapporto di amicizia tra noi, anche perché abbiamo avuto la fortuna di trovare una comunione di intenti. Per noi è un grande privilegio avere un’autrice che non solo è una grande scrittrice ma che sposa anche le istanze femministe, le istanze ideologiche della nostra casa editrice. Quando Ernaux fa delle dichiarazioni sulla società francese o più in generale sulla società occidentale, anche quando non sono del tutto d’accordo, comunque mi sento sempre interpellato da lei, sento che ha qualcosa da dirmi.
Com’è stato per voi il momento in cui le è stato assegnato il Nobel? Ti ricordi la prima cosa che vi siete detti?
In questo momento ti parlo proprio dal luogo in cui eravamo nel momento in cui abbiamo appreso della vittoria del Nobel. Eravamo tutti in ufficio intorno a un computer, concentratissimi. Non l’abbiamo chiamata subito ma le abbiamo mandato un messaggio di grande gioia e un video in cui festeggiavamo. Nella notte lei mi ha risposto. Non è stato uno scambio epico: io le avevo scritto tipo «Che meraviglia!» e lei ci ha risposto «Siete bellissimi» con dei cuoricini, nulla che resterà nella storia. Poi però ci siamo visti, quello è stato il momento emozionante: un paio di settimane dopo l’annuncio lei è venuta in Italia. Ci sono state queste due settimane quasi di sospensione temporale, in cui in casa editrice abbiamo dovuto occuparci di tantissime cose, a partire dalla questione delle ristampe, una cosa già di per sé complessa, dato il momento di difficoltà nell’approvvigionamento della carta. Abbiamo fatto veramente i salti mortali. Poi appunto ci siamo visti alla Festa del cinema di Roma, perché Ernaux è venuta a presentare I miei anni Super 8, un film che ha realizzato con il figlio. Io le ho fatto da presentatore nel dibattito che è seguito alla proiezione e poi il giorno dopo siamo stati insieme a Villa Medici, all’Accademia di Francia, per festeggiarla. E lei lì mi ha detto: «C’è tutta una parte di me che dice che non è vero, che non si sta rendendo conto di quello che succede, però poi un’altra parte si è subito responsabilizzata». Questa è una cosa che torna anche nel discorso che ha fatto subito dopo il premio: per lei questo Nobel non è solo un affare privato, ma è qualcosa che riguarda anche tutte le persone a cui ha cercato di dare voce nei suoi libri.
Ovviamente è un grande privilegio avere un rapporto con una persona e con una scrittrice così straordinaria, indipendentemente dal fatto che io ne sia il traduttore e l’editore. In tutti questi anni in cui ci siamo visti per motivi editoriali una cosa che mi sorprende sempre è quanto lei in parte sia rimasta davvero la ragazza di Yvetot che racconta nei suoi libri. Io sono stato con lei nelle situazioni più istituzionali possibili, a cena da ambasciatori, su palchi davanti a persone adoranti, e prima di salire lei mi chiede rassicurazioni e poi quando scende mi chiede «Sono andata bene?». E io rido perché poi lei è una che sale sul palco e dice delle cose molto ispiranti, e poi ti chiede se è andata bene…
Ora che vi conoscete da tanti anni, hai avuto modo di conoscere più da vicino il suo processo di scrittura?
Ernaux attinge a diversi materiali personali che sono sia i diari, sia le agende che i quaderni dei tempi di cui parla. Sono tre materiali diversi: il diario è quello quotidiano in cui scrive quello che ha fatto nella giornata e qualche considerazione, le agende invece le ricordano proprio gli appuntamenti e i luoghi (una cosa che diventa molto importante in alcuni libri, per esempio quando cerca di ricostruire il suo calvario per abortire nella Francia del 1973) e poi recupera anche i quaderni che sono proprio dei tentativi di scrittura che ha raccolto negli anni e che erano molto diversi da quello che è diventata poi la sua letteratura.
In che modo e in che ordine avete scelto di pubblicare la sua opera?
Questo sarà il nono anno in cui pubblichiamo l’opera di Ernaux, il suo primo libro per noi è uscito nel 2014. Nel giro di pochi anni stiamo pubblicando libri che lei ha scritto nell’arco di quasi 50 anni, il primo è Gli armadi vuoti che è uscito nel 1974. L’ordine con cui stiamo pubblicando le sue opere ha tutta una logica molto sofisticata, quello che vi posso dire è che abbiamo iniziato con Il posto perché secondo me è il primo libro con cui Ernaux diventa la scrittrice che conosciamo dal punto di vista stilistico. La compattezza, la precisione, la lingua adamantina che hanno Il posto, Gli anni, L’evento e Memoria di ragazza per me li rendono i suoi quattro più perfetti; subito dopo metto Una donna e L’altra figlia. Dopo Il posto abbiamo pubblicato Gli anni, perché volevamo pubblicare subito il libro-mondo e anche quello più ambizioso di Ernaux, e poi ci siamo mossi anche a seconda delle cose che ci succedevano intorno: per esempio abbiamo pubblicato L’evento prima di quanto avessimo previsto perché volevamo rispondere a modo nostro al Congresso sulla famiglia di Verona del 2019.
Che effetto fa, da uomo, tradurre un’autrice come Ernaux, così concentrata e così fondante per la trattazione di temi femminili e femministi?
Un traduttore o una traduttrice non traduce mai i temi, ma traduce la lingua. Io potrei tradurre un autore profondamente reazionario e capirlo perfettamente, essere un ottimo traduttore. Non è che siccome sei diverso da me io non posso capirti, anzi è proprio perché so bene cosa vuoi dire che poi ti posso eventualmente combattere e disprezzare.
Il discorso cambia ovviamente dal punto di vista dell’editore. Lì intervengono delle considerazioni sul mio femminismo e su quello della casa editrice. Io mi trovo perfettamente a mio agio con il femminismo di Ernaux e con il suo antifascismo. Ernaux a mio avviso ha una visione del femminismo molto diversa dalle donne della sua generazione: per tante donne che hanno fatto il Sessantotto, per esempio, il MeToo a volte è visto come un capriccio delle ragazze più giovani, mentre se pensiamo a Memoria di ragazza di Ernaux, ci rendiamo conto che è quasi un anticipatore del Me Too (infatti è uscito con un anno di anticipo). Lei è una che fa tantissima attenzione alle donne più giovani, che ascolta la loro voce e le loro istanze.
Lorenzo Flabbi è critico letterario e editore. Ha insegnato letterature comparate nelle università di Paris III e Limoges dedicandosi in particolare agli aspetti teorici della traduzione. Ha tradotto, tra gli altri, Apollinaire, Rushdie, Valéry, Rimbaud, Stendhal e Gracq. Per le sue traduzioni di Annie Ernaux ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti tra cui il Premio Stendhal e il premio «La Lettura - Corriere della Sera» per la miglior traduzione dell’anno 2018.
Cose belle che abbiamo letto in giro
I nomi delle strade sono lo specchio del sessismo della società.
La Francia rende i prodotti mestruali riutilizzabili gratis per le under 25, e in Italia?
La scrittrice più amata di Thailandia racconta la rabbia di una generazione in fuga.
In Honduras sarà permesso l’uso della pillola del giorno dopo, vietata dal 2009.
Più di 5.000 studentesse iraniane, in oltre 127 scuole, sono state vittime di avvelenamento da gas tossico. Il vice ministro dell’Interno Majid Mirahmadi ha annunciato i primi arresti.
Quanto costa andare a vivere da soli?
Parliamo di adozioni, in Italia.
Wayétu Moore con I draghi, il gigante le donne (Edizioni E/O) ha vinto la prima edizione del “Premio Inge Feltrinelli. Raccontare il mondo, difendere i diritti”.
La vita oltre il lavoro: la storia di Kathi Muhammad che, finalmente in pensione, è riuscita a seguire i propri sogni.
La notte degli Oscar si avvicina: ecco dove vedere tutti i film in gara e i favoriti e le favorite, secondo il New York Times.
La scrittrice Valentina Della Seta sul trovare la propria libertà lontano dalla coppia.
Alcuni eventi che ci coinvolgono e che vi segnaliamo:
Domenica 12 marzo alle 10.30 saremo a BookPride, a Milano, per una sfida tra gruppi di lettura. Venite a fare il tifo per noi!
Mercoledì 22 marzo alle 19, alla Verso Libri di Milano, ci troveremo per il primo appuntamento dell’anno con il bookclub di Senza rossetto. Il libro di cui parleremo è La donna gelata di Annie Ernaux. Per partecipare, tutte le informazioni sono qui.
Giovedì 23 marzo alle 21, alla Latteria Molloy di Brescia, Giulia C. presenta Il coraggio verrà di Sara Poma (HarperCollins) con l’autrice.
A presto,
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