«Il paradosso è che ci si preoccupa dei bambini che non nascono e non delle donne che li mettono al mondo», commenta Antonella Inverno, Capo Dipartimento Ricerca e Analisi di Save The Children in Italia, nell’intervista che leggerete oggi nella newsletter.
Parliamo di donne, maternità e lavoro. Un tema che è sempre più presente nella nostra vita di trenta-e-qualcosa-enni, quando vediamo progressivamente molte delle nostre amiche scegliere di riprodursi.
Partecipiamo alla loro gioia, ma vediamo anche le scelte e le difficoltà che devono affrontare. Tra congedi parentali mancati, stipendi più bassi e posti in asilo inesistenti, le madri italiane sono delle vere e proprie equilibriste. Come racconta anche il report pubblicato da Save The Children in occasione della festa della mamma.
Osserviamo la forza e l’impegno con cui cercano di tenere tutto insieme, anche quando manca loro l’aiuto e il supporto che meriterebbero. E la situazione peggiora se queste donne si trovano in una situazione di povertà o fanno parte di categorie marginalizzate.
È sicuramente vero: avere un figlio cambia la vita. Ma a quale costo?
Una scena della serie tv Gilmore Girls - Una mamma per amica
Madri equilibriste
Intervista a Antonella Inverno di Save the Children Italia
Qualche settimana fa, in occasione della Festa della Mamma, Save the Children ha pubblicato l’annuale report “Le equilibriste – La maternità in Italia”. Giunto alla decima edizione, lo studio restituisce un quadro molto complesso. Se in dieci anni di raccolta e analisi dei dati si sono registrati dei segnali di miglioramento, la strada da fare per migliorare la condizione delle madri nel nostro Paese è ancora tanta, come ci spiega Antonella Inverno, Capo Dipartimento Ricerca e Analisi per Save the Children in Italia.
Partiamo dal contesto demografico: negli ultimi anni il tasso di natalità in Italia è in forte crisi, e le donne che diventano madri si trovano spesso a pagare un prezzo altissimo in termini di opportunità lavorative, equilibrio familiare e qualità della vita.
Nel 2024 si è toccato un nuovo minimo storico nelle nascite, con soli 370.000 nuovi nati, il 2,6% in meno rispetto all’anno precedente. Il tasso di fecondità è sceso a 1,18 figli per donna, ben al di sotto della soglia di sostituzione generazionale e persino inferiore al dato critico del 1995 (1,19 figli per donna). L’età media delle madri al primo parto continua a salire, arrivando a 32,6 anni. I cali più marcati si registrano al Sud e nelle Isole, a conferma di un’Italia ancora molto divisa anche sotto questo profilo.
«Il dato che resta più stabile e preoccupante nel tempo è la child penalty: le donne, dopo la nascita di un figlio, sono penalizzate nel mercato occupazionale. Spesso perdono il lavoro o devono passare a part-time involontario», dice Inverno. Tra i genitori con figli minori, infatti, più del 90% dei padri lavora contro poco più del 62% delle madri, con un gap di circa 28 punti percentuali. Le difficoltà nel conciliare maternità e carriera portano una donna su cinque a lasciare il lavoro dopo la nascita di un figlio. Una situazione ancora più drammatica per le madri di figli con disabilità, dove il tasso di abbandono lavorativo sale al 35%.
Preoccupante anche il dato sulle dimissioni “volontarie” convalidate dall’Ispettorato del lavoro: quasi tre su quattro (72,8%) riguardano donne, nella quasi totalità dei casi costrette a rinunciare volontariamente al lavoro per mancanza di supporti adeguati o flessibilità. Inoltre, i contratti part-time tra le madri lavoratrici nel 2024 sono aumentati fino a superare il 35%.
A questa realtà si aggiunge il fenomeno della segregazione orizzontale, che vede una forte concentrazione femminile nei lavori di cura, come la sanità e l’istruzione, dove le donne rappresentano rispettivamente il 78,8% e il 77,4% degli occupati. Questi settori, tradizionalmente considerati “femminili”, offrono spesso contratti meno stabili e minori possibilità di carriera, contribuendo a inasprire le disuguaglianze.
Nel report particolare attenzione è rivolta alle donne con background migratorio, che rappresentano quasi la metà degli stranieri residenti in Italia ma incontrano ostacoli aggiuntivi, spesso legati alla mancanza di servizi, discriminazioni e barriere culturali. «Abbiamo sempre avuto attenzione per le madri migranti: donne spesso con un alto livello di istruzione che accettano lavori sottopagati per mantenere le famiglie nei paesi d’origine. Abbiamo studiato la catena globale della cura: quando le donne italiane si emancipano dal lavoro di cura, lo demandano ad altre donne, che a loro volta lasciano i figli alle cure dei nonni o altri parenti», approfondisce Inverno.
Al primo gennaio 2025 le donne straniere erano il 49,8% dei 5,4 milioni di residenti non italiani, con un tasso di occupazione fermo al 48,5%, inferiore rispetto al 53,9% delle italiane. «Nel tempo, abbiamo affinato sia gli strumenti sia gli ambiti di ricerca. All’inizio ci muovevamo in modo più generalista; ora adottiamo un approccio intersezionale per evidenziare come essere madre non significhi la stessa cosa per tutte, data la sovrapposizione di varie vulnerabilità». Quest’anno in particolare il report è corredato da un’appendice dedicata alle donne migranti che arrivano dalla Romania nel nostro Paese, come racconta Inverno: «L’occasione per approfondire è arrivata proprio grazie a Save the Children Romania, che aveva realizzato una ricerca sulle donne rumene che lavorano all’estero lasciando i figli in patria».
In questa edizione del report, per la prima volta, si puntano i riflettori sulla condizione delle mamme sole, una realtà sempre più diffusa. Pur con un miglioramento rispetto al 2023, nel 2024 poco più di una mamma single su due tra i 25 e i 34 anni risultava occupata. «Nonostante si pensi che nelle separazioni le donne ottengano più risorse (come la casa) in realtà vivono più spesso in affitto, hanno redditi medi più bassi di circa 10.000 euro rispetto agli uomini e sono più esposte al rischio di povertà» ci dice Inverno.
Nel tentativo di misurare il quanto i territori italiani siano “mother-friendly”, Save the Children ha elaborato anche quest’anno l’Indice delle Madri, che tiene conto di sette dimensioni: demografia, lavoro, rappresentanza, salute, servizi, soddisfazione soggettiva e violenza. Al primo posto della classifica si colloca la Provincia Autonoma di Bolzano, seguita da Emilia-Romagna e Toscana. In coda, invece, troviamo Basilicata, Campania e Puglia a conferma del divario strutturale Nord-Sud. Come sintetizza Inverno, «le differenze sono enormi: ci sono regioni dove l’80% dei bambini ha accesso ai servizi per l’infanzia, e altre dove solo il 10%. E dove mancano i servizi, l’inattività femminile è altissima. È una correlazione evidente».
Proprio ieri il World Economic Forum ha pubblicato il Global Gender Gap Report 2025. A livello internazionale, l’Italia si posiziona al 117esimo posto su 148 Paesi per partecipazione femminile al lavoro e al 114esimo per parità salariale. Una situazione che si riflette direttamente sul benessere dei bambini e che ha origini sia culturali che strutturali.
«Serve un cambio culturale, ma anche politiche pubbliche forti: congedi di paternità paritari, più servizi per l’infanzia, assistenza domiciliare, flessibilità per tutti, non solo per le donne. Solo così si può cambiare davvero l’equilibrio all’interno delle famiglie», ci risponde Inverno quando le chiediamo da dove sia necessario partire.
Il report “Le equilibriste 2025” lancia un appello chiaro alle istituzioni e alla società civile: la maternità non può continuare a essere un fattore di esclusione sociale.
«Sicuramente negli ultimi anni su questi temi registriamo un maggiore interesse, anche perché il calo della natalità è ormai una questione centrale. Ma il paradosso è che ci si preoccupa dei bambini che non nascono, non delle donne che li mettono al mondo. Qualcosa è stato fatto: l’assegno unico, ad esempio, è stata la prima misura strutturale di sostegno alla genitorialità. Tuttavia, molte politiche sono ancora frammentarie. Spesso si punta sulle famiglie numerose, che però in Italia sono poche, e si perde di vista la necessità di una visione a lungo termine», conclude Inverno. «Abbiamo confrontato le politiche di diversi paesi: l’unico fattore comune che funziona è la stabilità. Le persone devono sapere che, se decidono di fare un figlio, una misura a loro sostegno ci sarà anche tra dieci anni, non solo quest’anno. La nostra richiesta più forte rimane il congedo di paternità paritario. Tre mesi a casa con un neonato cambiano la cultura familiare. È da lì che si deve partire».
Antonella Inverno è una giurista italiana specializzata nella tutela dei diritti umani, con particolare attenzione ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Attualmente ricopre il ruolo di Capo Dipartimento Ricerca e Analisi per Save the Children Italia, dove si occupa di studi, analisi e formazione su tematiche legate ai minori, contribuendo allo sviluppo di politiche per contrastare la povertà educativa, la violenza sui minori e le disuguaglianze sociali. Ha curato numerose ricerche e pubblicazioni su argomenti come la prima infanzia, i minori migranti e la maternità. È un’attivista per la promozione della protezione di bambine, bambini e adolescenti e il loro benessere.
Cose belle che abbiamo letto in giro
In Arabia Saudita esistono dei centri in cui vengono rinchiuse le donne che sono state bandite, per vari motivi, dalle loro famiglie o dai propri mariti.
A Milano, da febbraio, un’associazione di volontariato si è organizzata per riaccompagnare a casa le persone, principalmente donne, che non si sentono sicure a rientrare da sole di sera.
Il femminismo può essere di destra?
Harvey Weinstein è stato dichiarato colpevole per una violenza sessuale commessa nel 2006. Mentre Jared Leto è stato accusato di abusi sessuali da 9 donne.
Giugno è il mese del Pride, per cui se siete alla ricerca di una lettura a tema LGBTQI+, ecco qualche consiglio.
Quando essere Millennial, torna di moda.
Che fare quando ci prende la dating fatigue?
Due dipinti di Artemisia Gentileschi scoperti da poco: erano stati danneggiati nell’esplosione del porto di Beirut del 2020 e ora sono stati restaurati e attribuiti alla pittrice.
I nostri insegnanti si ricordano di noi?
Il 27 giugno saremo da Base Milano insieme al giornalista de Il Post Luca Misculin per parlare di Europa, identità e parità di genere.
Mentre per quanto riguarda il bookclub di Senza rossetto da Verso libri, il prossimo appuntamento sarà il 10 settembre e parleremo della nostra lettura dell’estate: Le bostoniane di Henry James.
A presto,
Vuoi darci una mano?
Senza rossetto è un progetto a budget zero. Tutto il lavoro dietro al nostro podcast e a questa newsletter è volontario e non retribuito, ma è un lavoro che richiede molte forze e anche qualche soldo. Se vuoi aiutarci a sostenere le spese di produzione, incoraggiarci o anche solo offrirci una caffè puoi farlo attraverso PayPal usando la mail info@senzarossettopodcast.it, oppure puoi impostare una donazione ricorrente sul nostro profilo Patreon. Ogni aiuto sarà per noi prezioso, quindi grazie!
Seguici!
Il nostro sito è senzarossettopodcast.it, ma ci trovi anche su Facebook, Instagram e Twitter.
Se invece hai idee da proporci, suggerimenti da darci, segnalazioni da fare (anche queste, per noi, sono importanti) scrivici all'indirizzo info@senzarossettopodcast.it. E se questa newsletter ti è piaciuta, girala ai tuoi amici!