Tra Millennial ci capita spesso di discutere del nostro rapporto con il mondo del lavoro.
Siamo di quelli che hanno preso una laurea perché dovevano, pur sapendo che, soprattutto per quanto riguarda le materie umanistiche, non sarebbe stata molto utile. Abbiamo accettato stage pressoché gratuiti, all’inizio della nostra carriera, lavori sottopagati in cambio di “visibilità” o li pensavamo come un modo per riuscire a entrare nel settore che desideravamo. Abbiamo lavorato oltre l’orario, accettando qualsiasi contratto ci offrissero, o aprendo partite Iva, e non riuscendo a chiedere ciò che pensavamo di meritare.
Ora che siamo più adulte, vediamo alcune di queste scelte come degli errori di gioventù, frutto di inesperienza e insicurezza. Forse erano inevitabili, forse erano anche sintomi di un mercato che tende ad approfittarsi dei soggetti più giovani e deboli. E non possiamo che ammirare, almeno un pochino, l’approccio che la generazione dopo di noi (Z) sta invece avendo nell’entrare nel mondo del lavoro.
Oggi quindi abbiamo deciso di parlare di lavoro e, in particolare, del settore che conosciamo meglio: quello editoriale. Lo facciamo a partire dal sondaggio condotto nell’estate 2023 da Redacta, la sezione di Acta (l’associazione dei freelance) dedicata ai lavoratori dell’editoria libraria.
Buona lettura!
Una scena della serie tv How I Met Your Mother
Ancora una volta: che spazio occupano le donne in editoria?
Negli ultimi giorni si è molto discusso di un articolo uscito sulla rivista Doppiozero a firma del giornalista Gianni Bonina e intitolato Il grado zero del romance. Riassumendo al massimo, Bonina identifica una nuova tendenza nella narrativa italiana, quella di una letteratura di genere scritta da donne e destinata a lettrici donne che fa ricadere indistintamente sotto il cappello di romance e in cui annovera autrici che vanno da Felicia Kingsley a Chiara Valerio, da Alessia Gazzola a Nadia Terranova, passando per Stefania Auci, Cristina Cassar Scalia e Michela Murgia.
Se è vero che le autrici stanno conquistando sempre maggiore spazio nelle classifiche (si stima che nel 2023 quasi la metà dei libri più acquistati fosse scritto da donne, dati AIE), e al di là del contenuto discutibile, l’articolo di Bonina ha riproposto l’annoso quesito: che spazio occupano le donne nella letteratura e nell’editoria del nostro paese?
Già nel 2016, sulle pagine del Libraio.it, l’editore Luigi Spagnol si interrogava sul maschilismo della nostra letteratura, partendo da un lato dall’analisi delle classifiche di vendita e dall’altro da quella degli albi d’oro dei maggiori premi letterari, e metteva bene a fuoco un punto fondamentale: è vero che si pubblicano più donne, ma queste non vengono trattate con la stessa autorevolezza e rispetto dei colleghi uomini. E arrivava a chiedere a se stesso, ai lettori e ai professionisti di genere maschile «Perché lo facciamo? Perché ci ostiniamo a non voler leggere il mondo attraverso, anche attraverso, gli occhi di grandissime artiste che hanno l’unico difetto di appartenere a un sesso diverso dal nostro?», sostenendo che il potere, il controllo, e con essi soldi, l’autostima e la gratificazione che si ottengono a perpetuare un sistema sessista ed escludente non fossero giustificazioni sufficienti.
L’acuta analisi di Spagnol tralasciava, però, un importante paradosso che riguarda il mondo del libro italiano nella sua interezza: statisticamente, le lettrici più forti sono le donne e sono anche le donne a popolare in modo più significativo la filiera del libro. I dati AIE del 2019 relativi ai nuovi ingressi nel settore editoriale registravano che nel 64,9% dei casi si trattava di donne. Ma attenzione, come scriveva Andrea Zanni - bibliotecario digitale a MLOL - già nel 2018 analizzando e commentando il solo catalogo Adelphi con la traduttrice Ilide Carmignani «le donne aumentano al diminuire del prestigio nel ruolo editoriale, o viceversa. L’ipotesi di partenza è che essere l’autore di un libro è più importante del suo curatore, che a sua volta è qualcosa di più di un semplice traduttore». Ipotesi che i dati possono largamente confermare: le donne aumentano nella cosiddetta “cucina” dell’editoria; sono editor, redattrici, uffici stampa, agenti letterarie, bibliotecarie, libraie. E spariscono mano a mano che risaliamo la filiera dell’editoria verso i vertici: sono poche le direttrici commerciali e ancora meno le amministratrici delegate o le editrici.
Dopo l’approfondito studio di InGenere del 2018, uno sguardo aggiornato sullo stato dell’arte ce lo può fornire il sondaggio condotto nell’estate 2023 da Redacta. L’indagine, di cui è stato lanciato un riassunto dei risultati proprio ieri, ha raccolto 825 risposte, con una netta maggioranza di persone rispondenti compresa nella fascia tra i 29 e i 40 anni. Analizzando il campione per genere e titolo di studio, emerge già un dato interessante: se per il 69,9% delle persone rispondenti i percorsi di formazione hanno incluso studi specifici per lavorare nel settore editoriale, le donne sono quelle con i titoli di studio più elevati (ma con meno dottorati).
Il quadro generale restituisce «la fotografia di un settore che si tiene in piedi spingendo con tutto il peso sulla compressione continua del costo del lavoro, sfruttando l’isolamento di collaboratori e collaboratrici freelance, sovraccaricando di mansioni chi ha un contratto da dipendente, abusando della turnazione forsennata di stagisti e stagiste, evitando di pagare le royalties alle figure autoriali, come scrivono i rappresentanti di Redacta nell’articolo di anticipazione dei risultati del report.
I temi presi in considerazione sono svariati: dall’intensità e la ciclicità del lavoro, ai redditi e alla loro influenza sulle scelte di vita, agli ambiti di impiego e le mansioni svolte, con un particolare focus sul lavoro autonomo e quello autoriale.
Due aspetti ci interessano in particolare per questa analisi. Prima di tutto, quando interrogato sulle mansioni svolte, solo il 30,8% di chi ha risposto dichiara di svolgere una specifica attività; quasi il 70% svolge almeno due mansioni contemporaneamente. Questo, oltre a incidere negativamente sulla qualità percepita del lavoro (oltre ai salari bassi, come vedremo poi, la disorganizzazione del lavoro è uno dei malus più ricorrenti nelle risposte del campione e quasi il 40% di chi lavora unicamente o principalmente in editoria dichiara di lavorare spesso nel weekend), è un sintomo abbastanza evidente di un settore instabile, con gravi ripercussioni di genere.
Come già segnalava Sofia Biondani nel 2018 per InGenere, infatti, di fronte a una crescente femminilizzazione dell’editoria non possiamo limitarci a gioire: «La questione da porsi, e solo il futuro potrà darci risposta, è se questa femminilizzazione comporterà uno svilimento del settore, come pare stia avvenendo nelle sue "cucine", dove il lavoro precario o esternalizzato è prassi».
In secondo luogo, il dato relativo al gender pay gap. Nonostante l’editoria sia un settore prevalentemente femminile, c’è un evidente divario reddituale di genere. Secondo Redacta, il reddito netto annuo delle donne è inferiore del 18% a quello degli uomini. Possiamo dire che a una sostanziale parità di ore lavorate, le donne ricevono una paga oraria più bassa. E questo incide chiaramente sulla possibilità per le donne di mantenersi con il reddito da lavoro, in un settore in cui il reddito mediano netto annuo è di 17.660 euro: come si evince dai dati completi del report, che abbiamo potuto consultare in anteprima grazie a Redacta, il 56,2% degli uomini che lavora solo in editoria dichiara di ricevere uno stipendio sufficiente a mantenersi; il dato scende al 49,3% se a rispondere sono donne.
Ora, che si fa? Abbiamo chiesto a Silvia Gola di Redacta quali siano i prossimi passi che intendono fare come sindacato per dare seguito alla ricerca condotta: «Quello che vi abbiamo mostrato nelle slide è il quadro della situazione. A noi piace fare inchieste, ma anche prendere questo quadro della situazione e dipingerne uno nuovo. Ed è per questo che abbiamo lavorato a una proposta di compensi dignitosi per l’editoria. Si tratta di un lavoro che abbiamo svolto nel corso di due anni, che ha visto il coinvolgimento di tante freelance e dipendenti con grande esperienza, e che vedrà la luce nelle prossime settimane», ci dice.
«Gli strumenti che abbiamo realizzato sono due. Il primo è una guida completa al progetto dei compensi dignitosi, esce la prossima settimana, sarà lunga come un libro ma a parte questo non vogliamo svelarvi di più! Il secondo è una calcolatrice per realizzare preventivi, sempre a partire dai compensi dignitosi.»
Questi strumenti verranno presentati nel mese di aprile attraverso i vari canali di Redacta (la newsletter, per esempio, o il profilo Instagram). Se lavorate in editoria, noi vi segnaliamo la prima occasione per parlare dal vivo della guida completa ai compensi dignitosi: martedì 9 aprile al Kinotto di Bologna (via Sebastiano Serlio, 25/2) dalle 19:00, proprio nei giorni della Bologna Children’s Book Fair. Vi servirà!
Redacta è la sezione di Acta (l'associazione dei freelance) che dal 2019 si occupa di editoria libraria. Dalla sua nascita, Redacta rappresenta un punto di convergenza per le persone che lavorano con i libri e un'inchiesta permanente sul settore. Si può rimanere informate iscrivendosi alla newsletter e seguendoli su Instagram.
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Un podcast che racconta la vita e l'opera di otto musiciste e compositrici degli ultimi due secoli, spesso trascurate dalla cultura mainstream.
Il 12 aprile esce il libro di Giulia Siviero, Fare Femminismo (edito da Nottetempo).
E sempre il 12 aprile alle 19 alla Libreria Rinascita di Brescia, la nostra Giulia C. e Ludovica Lugli dialogheranno con Angela Borghesi, autrice de L’anno della Storia. 1974-1975 (Quodlibet)
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