8 marzo 1972, Maria Silvia Spolato, un’insegnante di matematica veneta, partecipa a una manifestazione femminista a Roma. Viene immortalata mentre regge un cartello con scritto “Fronte di liberazione omosessuale”; la foto finisce sulla rivista Panorama ed entra nella storia della comunità LGBTQI+ italiana: quello di Spolato viene considerato il primo coming out pubblico di una donna lesbica nel nostro paese.
Questa storia forse non vi è nuova, perché della storia di Spolato si è tornato molto a parlare pochi anni fa, nel 2018, anno della sua morte in una casa di riposo di Bolzano, dove la donna si era stabilita dopo essere stata per molti anni una persona senza fissa dimora. E forse non vi è nuova perché in varie occasioni abbiamo segnalato e parlato di Prima, il podcast di Sara Poma che ricostruisce la storia di Maria Silvia (nel 2021, all’uscita del podcast ne abbiamo parlato insieme all’autrice in una diretta Instagram che è ancora visibile qui).
Oggi le ricerche condotte da Sara Poma sono diventate anche un libro: si chiama Il coraggio verrà (HarperCollins, 2023) e racconta non solo la vita di Maria Silvia (tappandone i buchi e le lacune con un’interessante operazione di fiction), ma anche quella della stessa Sara, che cerca i punti di connessione tra le due biografie, pur senza aver paura di mostrarne la distanza.
In questa newsletter potete leggerne un estratto, insieme a qualche domanda che abbiamo fatto a Sara sul libro e su Maria Silvia.
La foto in copertina a Il coraggio verrà di Sara Poma (HarperCollins, 2023). Per gentile concessione di Valeria Pluchinotta e Daniela Menzani
Un momento che non ho mai vissuto
Un estratto di Il coraggio verrà
È tutta la vita che ripasso nella testa un momento che non ho mai vissuto. Quel momento ha come protagoniste me e mia madre, Marisa. Da quasi trent’anni rivivo la scena immaginata in cui ha luogo la conversazione che ridefinirà la nostra relazione.
Siamo nel salotto della casa in cui sono nata. È un grande appartamento in affitto, ma mia madre ha il pallino dell’arredamento – legge molte riviste al riguardo –, tanto che un giorno ha deciso di abbattere un muro senza chiedere il permesso al proprietario. Ricordo di essere tornata da scuola e averla trovata seduta su un mucchio di macerie, soddisfatta ma anche terrorizzata di dover telefonare al padrone per dirgli che il suo immobile aveva una parete in meno. La casa da allora è diventata molto più bella, ariosa. Quelle che erano una sala da pranzo e una stanza con vista su un balcone allungato si sono trasformate in uno spazioso salotto diviso in due parti da un arco. A rendere tutto più accogliente e vissuto, una libreria imponente, un pianoforte preso a nolo e una collezione di vasi coloratissimi di modernariato scelti da lei. Tutti dicono che Marisa ha molto gusto e che casa nostra sembra uscita da un film americano. Lei si compiace, adora replicare i salotti che ha amato al cinema. Colleziona libri, miniature, oggetti strani che le raccontano storie lontane, evocano luoghi in cui non è mai stata. È domenica pomeriggio e siamo sedute vicine sul divano, stiamo guardando un film. Lei lavora in un negozio di antiquariato che è aperto anche il sabato; perciò, la domenica è il suo giorno preferito, finalmente può dedicarsi alle cose che adora fare, leggere, dormicchiare e guardare film, in casa o al cinema, negli spettacoli pomeridiani. Quel giorno il film della domenica abbiamo deciso di guardarlo in casa, una videocassetta, probabilmente qualcosa di Billy Wilder o Woody Allen, i suoi preferiti. Io però sono distratta, non riesco a godermi ciò che accade sullo schermo. Osservo con la coda dell’occhio il profilo di mia madre, che sembra molto divertita. Sta fumando una sigaretta, cosa eccezionale, perché di solito lo fa di nascosto, chiusa in bagno. Nonna Carla vive nell’appartamento al piano di sopra ma trascorre la maggior parte del tempo a casa nostra, e non vuole che Marisa fumi; è sempre sta convinta che il nonno sia morto giovane perché frequentava un locale in cui la gente fumava. Ma ora Carla non c’è, e quindi mia madre può fumare liberamente. A un certo punto, senza staccare gli occhi dallo schermo, le dico: «Mamma, devo parlarti di una cosa», allora lei si gira verso di me, lievemente sorpresa, e dice soltanto: «Eh?», come se non avesse capito. Il suo sorriso sfuma in maniera quasi impercettibile in una smorfia preoccupata. Nel frattempo, Woody Allen sta ammazzando goffamente un ragno con una racchetta da tennis o, sempre con una racchetta da tennis, Jack Lemmon sta scolando degli spaghetti. Ora ci stiamo guardando in faccia, io in realtà non riesco a tenere lo sguardo fisso su di lei, mi viene da abbassare gli occhi mentre dico sottovoce: «Sì, cioè, volevo dirti che mi sa che mi piacciono le ragazze».
Non sono mai riuscita a immaginare la reazione di mia madre. Per il tipo di persona illuminata e progressista che era, so che avrebbe capito, mi avrebbe amato, consolandomi nel caso degli amori infelici e dandomi supporto in quello degli amori felici. So che avrebbe adorato Lucrezia e mal sopportato alcune mie vecchie fidanzate, nei confronti delle quali non avrebbe risparmiato commenti caustici che probabilmente, mentre vivevo quelle relazioni, mi avrebbero messo in difficoltà. Eppure, non so immaginare la sua reazione alle mie parole mai pronunciate. È possibile che la sua tendenza a preoccuparsi per me avrebbe prevalso su tutto il resto. Magari si sarebbe disperata, figurandosi che andassi incontro a una vita più difficile di altre. O mi avrebbe soffocato con la sua ansia amorevole. Del resto, era la stessa persona che andava in agitazione se solo transitavo sotto una mensola che avrebbe potuto staccarsi improvvisamente dal muro e rompermi la testa. Mi domando spesso che effetto avrebbe avuto sulla mia vita sentimentale il suo eccesso di preoccupazione.
Oggi, proprio sopra la testiera del letto che divido con mia moglie, c’è una grande mensola piena di libri. Probabilmente, se Marisa fosse ancora viva, non l’avrei mai appesa.
Qualche domanda all’autrice
Il coraggio verrà è il tuo esordio nella narrativa, ma nasce da un podcast di grande successo (Prima, Chora Media) che hai scritto qualche anno fa. Com’è stato il passaggio dalla voce alla carta?
È stato difficile e interessante. Con il mio lavoro (ovvero fare la curatrice di prodotti audio) mi è capitato spesso di avere a che fare con scrittrici e scrittori, aiutandoli rendere la loro scrittura per l'audio più vicina al parlato, meno letteraria. Nel mio caso ho dovuto innescare il processo inverso: rendere la mia scrittura meno parlata e più letteraria, liberarmi di certi automatismi che sono tipici dell'audio, le ripetizioni, gli appigli continui che si danno a chi ascolta, i “dove eravamo rimasti”, i “come ho già detto”. La prima stesura era piena di queste formule e di ringraziamenti spasmodici a chi mi aveva consegnato la tale informazione da aggiungere alla mia storia (altra abitudine tipica dell'audio documentario). Ci ho messo un po' a liberarmi di tutto questo e a rendermi conto che navigavo in un altro territorio.
Perché, tra tante e soprattutto dopo esserti dedicata a storie molto vicine a te (un altro tuo podcast molto ascoltato è Carla, una ragazza del Novecento in cui racconti la storia di tua nonna), hai scelto di raccontare proprio la storia di Maria Silvia Spolato?
Principalmente per un'urgenza personale. La storia di mia nonna aveva risposto a molte domande che avevo - come viveva una donna del Novecento senza mezzi economici? Come ce la si cavava in una contesto sociale che opprimeva le donne? - ma non a una questione molto personale. Ovvero: da persona lesbica, come sarebbe stata la mia vita se fossi nata venti, trenta o quarant'anni prima? Sarei riuscita a vivere liberamente? Quando poi ho deciso di raccontare la storia di Maria Silvia Spolato, a questa urgenza personale si è aggiunta anche una volontà di riconoscenza nei suoi confronti e nei confronti delle persone che hanno lottato insieme a lei in quegli anni in cui i rischi che si correvano erano enormi.
La biografia di Maria Silvia è lacunosa, piena di buchi e di discrepanze. Nel podcast e ancor di più nel libro lavori di invenzione e narrazione per riempirne i vuoti. Come sei arrivata a questa soluzione?
Suppongo che sia stata la magia della pagina bianca e una specie di libertà che ho respirato nella forma letteraria. Avevo chiaro fin da subito che questo libro avrebbe avuto una forma ibrida - un po' biografia, un po' memoir e un po' romanzo - così ho assaporato la frenesia di immaginare e ho deciso di riempire i buchi della storia di Maria Silvia Spolato con dei brani di pura fiction che in molti casi prendono spunto da qualche piccolo frammento di dato che era in mio possesso.
Nel libro non racconti solo di Maria Silvia, ma anche di te, del rapporto con tua sorella, di tua madre che non c’è più da quando sei molto giovane. Sembra che l’incontro con Maria Silvia ti abbia spinto a rileggere la tua storia e quella di tante generazioni di donne. È così?
La storia di Maria Silvia Spolato, per quanto diversissima dalla mia, è stata funzionale per aprire tante scatole nella mia testa che tenevo chiuse da tempo, per ripercorrere dei passaggi importanti della mia vita. Immaginando il rapporto con sua madre ho potuto interrogarmi anche sul mio rapporto con mia madre, che ho perso quando ero ragazza. Ma allo stesso tempo, sono convinta che la mia esperienza di ragazza di provincia, in fin dei conti così ordinaria, possa riflettere quella di molte altre persone. Quantomeno della mia generazione. Resto molto curiosa di sapere che cosa può pensare una persona queer che oggi ha diciotto o vent'anni leggendo la mia storia.
Ci spieghi perché hai scelto proprio questo estratto?
Sono pagine che mi stanno molto a cuore perché in questo caso ho applicato la fiction alla mia stessa vita. Immagino il coming out mai avvenuto con mia madre. Un episodio che non abbiamo avuto il tempo di vivere e che credo mi avrebbe definito come persona. Avrei voluto fortemente vivere quella situazione che racconto, così ho pensato di immaginare come sarebbe andata.
Sara Poma è nata a Pavia nel 1976. È autrice e curatrice di contenuti audio per Chora Media. Nel 2020 ha realizzato il podcast autoprodotto Carla, una ragazza del Novecento. Alla vita di Maria Silvia Spolato, Sara Poma ha dedicato anche Prima, un podcast Original Spotify prodotto da Chora Media. Il coraggio verrà è il suo primo romanzo.
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A presto,
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Bellissima l'intervista a Sara Poma, mi ha proprio fatto venire voglia di leggere il libro. E grazie per la dritta su "Close" (mi era sfuggita l'uscita al cinema).