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Pochi mesi fa, la Vigilia di Natale del 2018, è mancata la mia (di Giulia C) illustratrice preferita di sempre: Grazia Nidasio. Molti dei miei amori letterari di bambina li devo anche alle sue bellissime illustrazioni, primo tra tutti quello per Vacanze all’Isola dei Gabbiani di Astrid Lindgren nelle edizioni Salani, con quei tre bambini biondi sdraiati su un pontile in copertina che già mi facevano presagire la nostalgia per i luoghi e le atmosfere delle vacanze d’infanzia che provo oggi.
Ricordo ancora il giorno in cui - ormai preadolescente - in una libreria per ragazzi della mia città, ho scovato il primo volume di una raccolta delle storie di Valentina Mela Verde e ho scoperto che Grazia Nidasio era, prima di tutto, una strepitosa fumettista e che i fumetti non erano necessariamente infantili, non femminili e che speranze avevo di trovarmi un fidanzato?
Se oggi leggo fumetti (qualcuno, non tanti come Lavinia Michela Caradonna, che infatti abbiamo interpellato per questa newsletter) è grazie a Nidasio, e sono contenta che sia stato proprio il lavoro di una donna a insegnarmi a considerarli un’arte degna di nota. Perché, come vi racconteremo oggi, essere donne (autrici, lettrici ma soprattutto critiche ed esperte) è una fatica anche nel mondo del fumetto!
Immagine di Laura Callaghan realizzata per la mostra Comix Creatrix: 100 Women Making Comics (Londra, House of Illustration, 5 febbraio - 15 maggio 2016)
Fumetto: la fatica di essere donne, lettrici e autrici
di Lavinia Michela Caradonna
Fino a quando ho avuto 15 anni alla domanda cosa volessi fare da grande rispondevo che volevo disegnare fumetti. Leggere fumetti e disegnarne di miei era la mia velleità artistica principale: potevo passare sopra al fatto che un giorno avrei smesso di suonare e che non avrei mai fatto teatro, ma non concepivo una Lavinia del futuro che non disegnasse.
È quello che però è successo e oggi non disegno più; la passione e l’attenzione che avevo per il creare materialmente le storie si è spostata su un piano più editoriale; nel frattempo la nicchia a disposizione del fumetto si è un po’ ingrandita, ma quel che per il momento rimane per molti versi uguale è la fatica di essere donne, lettrici e autrici.
Nel luglio 2017, solo qualche mese prima che esplodesse il #MeToo, negli Stati Uniti fa notizia il cosiddetto ComicsGate: muore Flo Steinberg, storica redattrice Marvel, strettissima collaboratrice di Stan Lee, e alcune giovani redattrici decidono di ricordarla con un selfie in cui bevono milkshake. In tempo zero vengono travolte da offese, commenti sessisti e misogini. Perché?
Nella corsa all’inclusività, Marvel aveva deciso di aprire il machissimo fumetto supereroistico a rappresentazioni differenti degli stessi protagonisti (ricordate il Thor donna?) inserendo personaggi femminili, omosessuali, di etnie differenti o con disabilità. La comunità di appassionati, in parte fomentati da personaggi interni alla filiera come autori stessi, proprietari di fumetterie, youtuber, aveva invece deciso che no, nessuno di questi cambiamenti era gradito e i personaggi dovevano tornare a essere necessariamente maschi bianchi, così come erano sempre stati. Insomma, non è uno spettacolo per signorine.
E d’altronde, l’idea che il fumetto non fosse roba da signorine l’avevo già capito sulla mia pelle di liceale che ogni mercoledì acquistava Topolino nell’edicola fuori scuola, una tradizione che le mie compagne di classe del tempo avevano trasformato in una “walk of shame”, dal portone al banco: leggere fumetti era infantile e non femminile, che speranze avevo di trovarmi un fidanzato?
La predominanza maschile di un mondo ombelicale come il fumetto italiano l’avrei colta solo qualche anno più tardi, spostando il focus del mio interesse sul fumetto come segmento editoriale e per la critica fumettistica, che sì, esiste e quasi non comprende alcuna firma femminile.
Nel 2013, con un anticipo incredibile sui tempi, l’editore Tunué pubblica Le donne del fumetto. L’altra metà dei comics italiani: temi, autrici, personaggi al femminile, scritto da Eleonora Guzzetta, Samanta Zaghini e Sara Zanatta. Le tre autrici raccontano le icone femminili del fumetto italiano, tutte create da fumettisti uomini - Guido Crepax, la coppia Bunker e Magnus, Milo Manara, per arrivare agli eroi e alle eroine Bonelli. In chiusura, un capitolo sulle fumettare italiane con interviste ad alcune autrici tra i quali Ellekappa, Cinzia Leone, Nicoz, Grazia Nidasio, Laura Scarpa, Vanna Vinci e Silvia Ziche. A ognuna di loro vengono anche poste domande sulla condizione di autrice, e qui il libro risente del suo essere una trattazione nata e ferma a ormai quasi dieci anni fa, con il fenomeno editoriale del “graphic novel” di cui ancora non se ne comprende il posizionamento all’interno del mercato librario italiano.
Se nel 2012 il fumetto era entrato in libreria grazie a editori sostanzialmente specializzati (Coconino Press e BAO Publishing, per farsi un’idea), nel 2018 sono le grandi case editrici a voler attrarre nuovi lettori tentando di inserirsi negli spazi faticosamente creati qualche anno prima.
La nuova ondata di femminismo è un cappello perfetto da posizionare in cima a tutta una serie di operazioni destinate ad attirare l’attenzione del pubblico femminile, categoria tra l’altro a cui appartengono, secondo i dati diffusi ogni anno dall’AIE, la maggior parte dei lettori forti di questo paese.
Tutto ciò oggi ha il grande merito di piazzare, nei suddetti spazi, narratrici affermate e voci nuove, magari già attive in contesti di autoproduzione e con editori molto piccoli. Voci che si stanno finalmente riappropriando della donna sotto diverse prospettive: quella relativa alla narrazione in sé, costruendo personaggi lontani dalle fidanzate di supereroi, dalle avventuriere al fianco dei propri uomini bonelliani, o dalle vendicative dee del sesso à la Satanik che avevano popolato gli anni ’70; quella relativa allo stile grafico, alla figura femminile così come la possiamo vedere sulla carta, con una schiera di autrici che sporcano le tavole, accennano i tratti e ne esasperano altri, in qualche caso anche desessualizzando i personaggi –autrici come Fumettibrutti, Vitt Moretta, Alice Socal e Zuzu possono essere degli esempi in tal senso. E, infine, quella relativa alle lettrici, che non hanno più bisogno di dover entrare in fumetteria, luogo di solito appannaggio maschile: ci si libera del peso di sguardi a metà tra la condiscendenza e la visione di un animaletto fuori dal proprio habitat, dal giudizio sulle letture e sugli acquisti.
È ancora presto per poter capire quale portata possa avere questo rinnovato canone femminile sull’editoria del fumetto, che oggi brilla sotto la luce dei riflettori. Alcuni passi non sono stati quasi per niente compiuti: sulla critica fumettistica – e, di conseguenza, su tutti quei meccanismi legati alle commissioni scientifiche che valutano opere per l’assegnazione di premi e onorificenze di vario genere – continua a pesare il retaggio dell’essere un club per pochissimi. Nuovi ingranaggi si sono attivati e altri sono destinati a farlo; è un processo lento, ma d’altronde la Lavinia quindicenne non pensava mica di arrivare a trenta anni e sfoggiare Topolino in metropolitana o confrontarsi con questi temi.
Lavinia Michela Caradonna nasce nel 1989. Quando legge fumetti ne blatera curando Plutocratica Sicumera, un progetto composto da un sito e una newsletter, e conducendo per Querty il podcast Tizzoni d'inferno insieme a Tito Faraci. Quando non legge fumetti, invece, si occupa di editoria libraria e comunicazione digitale. Milano è l'unico posto al mondo in cui vuole vivere.
Cose belle che abbiamo letto in giro!
Partiamo dall’attualità: ci sono 7 DDL in Parlamento che non promuovono i diritti delle donne.
Cosa non è il «farmaco gender», il medicinale di cui si discute dicendo che «fa cambiare sesso ai bambini».
Se anche voi, come noi, siete super fan di Game of Thrones, non potete perdervi la nuova puntata di Morgana, il podcast di Michela Murgia dedicato ai personaggi femminili della serie (che sì, sono parecchio fighi). Se seguite Big Little Lies, ecco il trailer della seconda stagione. E poi: su Netflix è arrivato il documentario di Queen B.
Perché, ancora oggi, è così strano che una donna non voglia avere figli? (E se lo dicono a voi, la prossima volta rispondete che lo fate per il bene dell’ambiente).
Un preservativo che si apre a quattro mani, per essere sicuri che tutti siano consenzienti.
Come (e perché) bisognerebbe parlare degli aborti spontanei quando si fa educazione sessuale.
Esperimenti sonori e narrativi in un podcast che vi consigliamo, realizzato da Kaitlin Prest, autrice canadese molto prolifica (un suo vecchio progetto era The Heart, sull’amore, il sesso e le questioni di genere).
Sei scrittrici rispondono a una domanda fondamentale: cos’è per te la scrittura?
È uscito il nuovo numero di Tirature, un annuario dedicato a editoria e altre questioni di libri, e questa volta parla della rappresentazione di personaggi femminili nella narrativa italiana. Sul sito de La Balena Bianca si può leggere uno dei contributi.
Una bella intervista ad Anna Viganò, in arte Verano.
Cosa sono le Japanese Chicanas? Una forma di appropriazione culturale che ha portato molte giovani giapponesi ad adottare lo stile delle donne messicane, si dice, per rispondere al ruolo imposto loro dalla società.
Infine, settimana prossima, dal 24 al 28 aprile, a Torino, torna il Lovers Film Festival dedicato al cinema LGBTQI. Ci saremo anche noi: seguiteci per scoprire cosa combineremo. Qui comunque c’è tutto il programma in PDF.
A presto!
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